Il colosso nato dalla fusione tra FCA e PSA sta portando avanti un piano che sembra più di disimpegno con un progressivo allontanamento dalla produzione nel Belpaese.
Il braccio di ferro tra il Governo e i vertici di Stellantis ha tenuto banco per mesi lo scorso anno. Sembrava esserci un punto di incontro tra le richieste della Premier Meloni e le esigenze del nipote di Gianni Agnelli. Il lavoro, sempre centrale nelle dinamiche nazionali, rappresenta il problema più grosso con sindacati in rivolta e operai in cassa integrazione.
Un cielo grigio incombe su Stellantis e i suoi lavoratori italiani, i dazi in arrivo sulle auto spaventano Stellantis. Così John Elkann è tornato a bussare alla porta del Presidente Donald Trump. I due si sono visti lunedì alla Casa Bianca: l’obiettivo di del nipote dell’Avvocato è proseguire il dialogo con il Presidente e la sua amministrazione in questo momento cruciale per il futuro dell’industria automobilistica statunitense.
Il n.1 del gruppo italo-francese ha ribadito che l’aspetto più importante per il mercato è la chiarezza e la competitività sui mercati. Gli Usa rivestono particolare importanza: negli Usa Stellantis impiega circa 75.000 dipendenti, per un fatturato annuo di circa 63,5 miliardi di euro e consegne pari a circa 1,4 milioni di veicoli. Senza riaperture sui dazi, i prezzi potrebbero lievitare di 7mila dollari spingendo gli acquirenti a scegliere altri marchi. Nel frattempo in Italia, in meno di 48 ore, il colosso dell’auto ha annunciato 350 nuovi esuberi in Campania, suddivisi tra 50 posti in meno a Pratola Serra e 300 a Pomigliano. A lanciare l’allarme è la Fiom-Cgil. Una fotografia che non lascia dubbi sulla situazione drammatica dei lavoratori. Anche Mirafiori è nel caos per un nuovo stop.
La Fiom-Cgil chiede a Stellantis di investire davvero nel nostro Paese, con risorse per ricerca e sviluppo, nuovi modelli per riempire le fabbriche di lavoro, e soprattutto nuove assunzioni. Il famigerato Piano Italia sembra più un piano di disimpegno, con un uso massiccio degli ammortizzatori sociali e premi di risultato ridotti. Una situazione complicata che non fa ben sperare, tra dazi imposti, rincaro vita e un mercato cinese dell’automobile sempre più concorrenziale.
Da ultimo le normative europee tutte concentrate alla transizione ecologica distolgono l’attenzione dal tema centrale: il lavoro. Il governo taglia dell’80% il fondo per l’automotive e immagina riconversioni militari. Elkann ha parlato dell’importanza del settore negli USA e dell’importanza della competitività dei prodotti americani: “Al mercato serve chiarezza“, ma anche i sindacati la chiedono a gran voce.
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